ANFACO, l’organizzazione che sostiene le aziende del settore alimentare marino, ha recentemente messo in guardia dal tonno illegale e di bassa qualità proveniente dalla Thailandia.
La Thailandia è il maggior produttore mondiale di prodotti a base di tonno (congelati, preparati e in scatola), con quasi 600.000 tonnellate all’anno, e il maggior esportatore di prodotti a base di tonno preparati e in scatola, con oltre il 30% del totale mondiale. Una scatoletta di tonno su tre esportata nel mondo è tailandese.
Il principale vantaggio competitivo del settore in Thailandia deriva da diversi fattori che impediscono di creare condizioni di parità.
Importa la materia prima (tonno intero) da paesi come Micronesia, Vanuatu, Kiribati o Nauru. Un’analisi dell’offerta condotta da ANFACO-CECOPESCA indica che fino al 45% del tonno intero che lavora non sarebbe ammissibile per l’UE a causa di questioni INN o sanitarie. Si tratterebbe di materie prime illegali o non valide, il che significa una reale difficoltà di controllo e garanzia di conformità all’interno della rete di fabbriche thailandesi.
Il Paese non ha ratificato le principali convenzioni sui diritti umani, come la Convenzione sulla prevenzione e la punizione del crimine di genocidio, né le convenzioni sul lavoro, come la Convenzione sulla libertà di associazione o il diritto di organizzazione e contrattazione collettiva. Questa situazione permette di creare condizioni di maltrattamento ricorrenti nelle fabbriche.
A livello ambientale, le loro fabbriche non rispettano gli stessi standard di emissione dell’UE, non hanno piani per ridurre l’impronta di carbonio e non gestiscono i rifiuti o gli imballaggi in modo simile all’UE.
Nell’ambito della salute, l’ultimo audit dell’UE del 2023 continua a trovare carenze da affrontare dopo anni di cooperazione in questo settore, dimostrando le difficoltà del Paese a cambiare.
Un punto chiave evidenziato durante l’incontro è che la Thailandia deve essere trattata in modo eccezionale.
Pur avendo una grande capacità di lavorazione, manca di produzione (flotta), cosa che non accade nelle Filippine o in Indonesia. L’assenza di una flotta, con catture di tonno intero thailandesi inferiori alle 4.000 tonnellate all’anno, comporta la necessità di importare massicciamente la materia prima da paesi, molti dei quali non ammissibili al mercato europeo, rendendo difficile il monitoraggio della tracciabilità, viste le carenze riscontrate nell’ultima ispezione che non consentono alle autorità thailandesi di fornire garanzie affidabili. Ciò sarebbe in contrasto con la strategia e i principi di negoziazione in termini di origine e di promozione di pratiche di pesca sostenibili, poiché il paese non dispone di una flotta apposita e non sarà in grado di fornire prodotti con materie prime originarie. “In nessun caso alla Thailandia dovrebbero essere concesse esenzioni da regole di origine o flessibilità di cumulo pienamente ottenute, né la possibilità di acquisire flotte per distorcere le origini”, ha dichiarato ANFACO-CECOPESCA.
Alla luce di quanto sopra, ANFACO-CECOPESCA ha ribadito che la Thailandia non ha paragoni con altri negoziati commerciali svolti o in corso, sia per la sua struttura industriale (principale trasformatore di tonno a livello mondiale) sia per l’assenza di una flotta. Qualsiasi flessibilità tariffaria o apertura di quote per i prodotti a base di tonno sarebbe un colpo mortale per gli interessi dell’UE che, senza garanzie di parità di condizioni, ridurrebbe la possibilità di esportare nel mercato europeo, riducendo drasticamente i suoi 12.000 posti di lavoro in Spagna, e implicherebbe un cambiamento radicale della struttura industriale e dei suoi investimenti. Un passo nella direzione opposta alla sovranità alimentare.
Questa azione avrà un seguito dopo le elezioni del Parlamento europeo di giugno e il prossimo ciclo di negoziati tra Europa e Thailandia, che si terrà anch’esso a giugno.
Recentemente, una delegazione senza precedenti di ONG (EJF e OCEANA) e di alti rappresentanti della catena del valore (EUROPECHE e ANFACO-CECOPESCA) si è incontrata a Bruxelles con il Direttore Generale della DG-MARE, Charlina Vitcheva, per esprimere la loro seria preoccupazione che i processi negoziali degli accordi di libero scambio attualmente in corso, come l’Indonesia, le Filippine e soprattutto la Thailandia, possano approfittare del cambio di ciclo politico nell’UE per compiere progressi tecnici su questioni che vanno a discapito degli interessi dell’UE nell’ambito dell’attuale politica commerciale, e per chiedere di evitare accordi che riducano l’influenza complessiva dell’Europa nella lotta contro la pesca INN.
Nell’ottobre del 2023, più di 90 ONG hanno inviato una lettera congiunta al primo ministro thailandese, in cui si sottolineano le gravi conseguenze delle decisioni del suo governo di attuare una totale deregolamentazione della pesca, che potrebbe anche consentire situazioni come il lavoro minorile o controlli portuali più lassisti. Questa preoccupazione si aggiunge alle richieste del settore della trasformazione spagnolo, guidato da ANFACO-CECOPESCA, che ha ripetutamente chiesto la totale esclusione del tonno dai negoziati, ritenendo che “la Thailandia non è né pronta, né preparata, né disposta ad adattarsi agli standard europei”. Questo messaggio è stato trasmesso ancora una volta dal rappresentante di ANFACO-CECOPESCA in occasione di questo incontro, ricordando il sostegno di altre associazioni industriali europee, come ANCIT (Italia) e ANICP (Portogallo), che insieme rappresentano oltre il 90% della produzione europea di tonno in scatola, o il supporto ricevuto dal Market Advisory Council (MAC).
Alla luce di quanto sopra, ANFACO-CECOPESCA ha ribadito che la Thailandia non ha paragoni con altri negoziati commerciali svolti o in corso, sia per la sua struttura industriale (principale trasformatore di tonno a livello mondiale) sia per l’assenza di una flotta. Qualsiasi flessibilità tariffaria o apertura di quote per i prodotti a base di tonno sarebbe un colpo mortale per gli interessi dell’UE che, senza garanzie di parità di condizioni, ridurrebbe la possibilità di esportare nel mercato europeo, riducendo drasticamente i suoi 12.000 posti di lavoro in Spagna, e implicherebbe un cambiamento radicale della struttura industriale e dei suoi investimenti. Un passo nella direzione opposta alla sovranità alimentare.
Questa azione avrà un seguito dopo le elezioni del Parlamento europeo di giugno e il prossimo ciclo di negoziati tra Europa e Thailandia, che si terrà anch’esso a giugno.